La meditazione vipassana è un’antichissima pratica spirituale indiana, che risale a migliaia di anni fa e vanta una tradizione persino più ancestrale del Buddismo. Come molte tecniche spirituali simili è una meditazione che mira all’auto-purificazione attraverso una sorta di catarsi basata sull’osservazione e sulla riflessione interiore. Il tutto parte da una fase di concentrazione superficiale che progressivamente permette di raggiungere una percezione diversa della realtà che ci circonda, e così anche quella del nostro “Io” più intimo, attraverso una sorta di sublimazione psichica, ma prima ancora fisica. Va sottolineata l’assoluta indipendenza della meditazione vipassana da qualsiasi genere di setta o religione, istituzione o fede, totalmente scevra quindi dagli obblighi o dai doveri di una dottrina qualsiasi: si tratta di meditazione allo stato puro, che può diventare “esclusiva” solo attraverso la sua perfetta applicazione, ma allo stesso tempo restare sempre e comunque di disponibilità universale, aperta a chiunque sia in grado di liberare mente e corpo.Come accennato la pratica vipassana ha origini ataviche, risalenti a qualche migliaio di anni fa, anche se la sua diffusione e riscoperta decisiva fu effettuata proprio dal Gautama Budda, il Buddha fondatore della religione a cui deve il suo nome. Questa riscoperta e successiva diffusione avvenne tra il 500 e il 400 a.C., quando il Gautama Budda, la propose come soluzione per alleviare e superare qualsiasi genere di sofferenza, con la semplice comprensione della materia della natura e della nostra persona, attraverso la meditazione quindi. Lo stesso termine “vipassana” proviene dal sanscrito e significa “intuizione superiore, percezione del sublime”: anche dall’etimologia sono evidenti i contatti diretti con la religione buddista.
Nell’arco della sua storia ricca di peripezie, la meditazione vipassana si è affermata nel nostro continente solo nel Novecento, attraverso un filo conduttore che proviene dalla Birmania, dove si è sviluppata in due particolari scuole monastiche: una di queste si affidava allo studio e alla riflessione sull’esperienza vissuta, mentre l’altra sulla sensazione fisica e corporea dell’individuo. Ed è proprio dalla stratta correlazione tra questa due preponderanti influenze che si è formata la moderna meditazione vipassana che oggi conosciamo e con la quale possiamo entrare in contatto.In particolare, nello specifico della tecnica tramandata dal Gautama Buddha, si parla di tre “segni” fondamentali dell’esistenza:
1- Anicca: che indica l’eterogeneità dell’uomo, la sua instabilità e variabilità nel corso della sua vita;
2- Dukkha: che indica invece l’imperfezione dell’essere umano e delle cose che lo circondano, imperfezione che può condurre anche al dolore e alla sofferenza, sensazioni negative ma necessarie per comprendere la nostra realtà e per responsabilizzare l’uomo;
3- Anatta: una sorta di definizione sanscrita di “spirito interiore”, cioè tutto quello che non è essenza, che non può esistere e perdurare nel tempo se non a livello astratto;
La meditazione vipassana punta a conoscere e riconoscere queste tre verità fondamentali che spesso l’uomo ignora e nasconde dietro un’apparenza fallace e illusoria.Questo particolare genere di meditazione si basa principalmente sull’apertura verso uno sguardo interiore profondamente contemplativo, che non perde però il contatto con le sensazioni e le percezioni esterne.
Anche questo processo può essere suddiviso e riordinato in tre fasi: la “sila”, ovvero il mantenimento della moralità e della retta via; il “samadhi”, che indica la concentrazione massima che un uomo può raggiungere attraverso l’unione e l’equilibrio perfetto tra mente e corpo; e infine il “panna”, la vera consapevolezza di tutte queste fasi unita alla concezione dei tre concetti fondamentali: la comprensione della realtà dell’uomo nella sua complessità e del mondo che lo circonda.
Durante le tre fasi della meditazione non si devono mai dimenticare o tradire le regole di condotta verso uno stato di purezza superiore: chiunque voglia dedicarsi alla meditazione vipassana non deve uccidere nessuna creatura, che sia una formica o un grosso pesce d’acqua dolce, non deve rubare, deve resistere alle tentazioni della carne, attraverso l’astinenza sessuale e deve cercare di dire semper e solo la verità. A questi precetti morali si aggiungono alcune ulteriori indicazioni più superficiali, ma non per questo meno importanti, e sono l’astensione dagli abbellimenti di gioielli e altri ornamenti simili, l’astensione dal lusso in generale e dall’alimentazione passato il mezzogiorno.Il fine primo della meditazione vipassana è la liberazione mentale e spirituale che conduce all’illuminazione dell’uomo. Non ha la pretesa di sostituire pratiche mediche o terapeutiche, ma sicuramente aiuta nel recupero di uno stato di salute e di equilibrio psicosomatico. Se seguita e applicata in modo corretto, la meditazione vipassana può risultare fondamentale nell’alleviamento dello stress e delle tensioni provocate dai ritmi frenetici del quotidiano, può insegnarci a fare un lungo respiro e a riflettere su una situazione difficile senza lasciarci agire d’impulso, può contribuire all’annullamento di tutti quei pensieri negativi che influiscono più di quanto si possa pensare sul benessere di ognuno di noi. Il raggiungimento della purezza interiore, però, può avvenire solo per gradi, e solo con una certa pazienza e ostinazione nel perseguire l’obiettivo: ma anche imparare la pazienza e l’impegno ostinato verso un obiettivo è un grande beneficio e un grande insegnamento che la meditazione può darci. Inoltre chi applica la meditazione vipassana e raggiunge uno stato di quiete superiore può essere da esempio e contagiare anche chi gli sta intorno, esprimendo maturità e saggezza anche con semplici gesti che derivano da un profondo autocontrollo.Per intraprendere questa pratica meditativa in modo serio si deve prima affrontare una sorta di ritiro di iniziazione della durata di una settimana, o al massimo di dieci giorni, all’interno dei quali i nuovi arrivati vengono istruiti e indirizzati verso la tecnica corretta di meditazione. Nei primi giorni di ritiro si affinano le capacità di concentrazione e di astrazione dalla realtà circostante, tramite la respirazione profonda e il rilassamento di tutto il corpo; poi si passa ad una applicazione completa di tutte le norme sopra elencate, che riguardano anche gli orari quotidiani di alimentazione e di riposo. Al termine del ritiro si avranno le basi per poter affinare la tecnica della meditazione vipassana anche in totale autonomia.