La Spondilite Anchilosante rientra nella sezione della malattie reumatiche infiammatorie croniche e autoimmuni e solitamente colpisce le articolazioni della colonna vertebrale dorso lombari e cervicali. Può essere anche definita con altre nomenclature come Morbo di Bechterew o Plevispondillite anchilopoietica. Il nome più comune è composto dal punto di vista etimologico dai termini “spondilite” che significa “infiammazione delle vertebre” e “anchilosante” che sta invece per “movimento articolare”: questo morbo va a compromettere il corretto funzionamento della colonna vertebrale, provocando dolore e limitandone in modo evidente i movimenti. A causa della sua natura di malattia sistemica la spondilite anchilosante comincia ad agire dalle zone vertebrali sopracitate, ma se raggiunge uno stadio aggravato può arrivare a compromettere il corretto utilizzo di altri parti del corpo quali le spalle, anche, fino alle ginocchia ed i piedi. Può addirittura coinvolgere altri organi quali occhi, polmoni e, nei casi più gravi, persino la valvola aortica e quindi il cuore.spondilite anchilosante foto1La spondilite anchilosante si presenta solitamente in soggetti geneticamente predisposti a tali tipologie di disturbi, come osservato da studi recenti infatti ci sono alcuni individui che possono facilmente essere colpisti da questa patologia. Ma quali sono i sintomi che ci permettono di riconoscerla e di distinguerla ad esempio da un comune e più innocuo mal di schiena?
I sintomi per antonomasia della spondilite anchilosante partono da una leggera infiammazione della parte inferiore della schiena, nello specifico delle articolazioni sacro-iliache, che provoca un fastidio costante nella zona lombare fino alla fascia posteriore e ai glutei. Questo fastidio, per essere effettivamente considerato un sintomo della spondilite anchilosante deve perdurare nel tempo e presentarsi con una certa costanza. Se il dolore si ripresenta con assiduità per un periodo superiore ai due mesi allora si può cominciare a pensare di essere affetti da questo morbo. A ciò si aggiunge facilmente una sensazione di rigidità e di immobilità, in particolare dopo pause prolungate o comunque dopo periodi di tempo in cui si sta fermi, come ad esempio durante la notte o durante le fasi di lavoro sedentario. La peculiarità della spondilite anchilosante si nasconde dietro un paradosso: il peggioramento o miglioramento della colonna vertebrale è dovuto infatti rispettivamente ad un impiego maggiore o minore della schiena e del movimento generale: a riposo la situazione si aggrava, mentre con l’esercizio fisico può facilmente migliorare.
In caso di peggioramento della malattia il morbo può arrivare fino alla zona del collo, accentuando la cifosi dorsale e limitando invece la lordosi lombare, costringendo chi ne è affetto ad una costante posizione inclinata in avanti, scomoda e causa di numerosi altri problemi di postura. La situazione può aggravarsi fino ad uno stato di rigidità pressochè totale della colonna vertebrale, definita in gergo a “canna di bambù”, in quanto le componenti della ossatura vertebrale risultano completamente calcificate tra loro.
Altri disturbi sintomatici possono essere importanti segnali d’allarme per la spondilite anchilosante, disturbi come febbre leggera o persistente situazione di stanchezza: bisogna infatti considerare che il nostro corpo è costantemente in uno stato di sforzo, poichè assume delle posizioni e delle posture innaturali per compensare il dolore. Inoltre ci possiamo trovare in una fase di continuo stress dovuto al dolore e al fastidio che non accennano a diminuire, anzi aumentano durante le pause e i momenti di riposo, proprio quelli che dovrebbero permetterci di respirare e darci sollievo.
Va considerato infine che anche per proseguire con la normale routine un fastidio del genere può provocare un dispendio di energie sconsiderato, dovuto proprio alla situazione di difficoltà del nostro fisico.
La diagnosi e il riconoscimento della malattia, oltre ai sintomi sopracitati, può essere suggerita anche dalle analisi del sangue dei valori interessati. Oltre ovviamente ad una visita dal medico di fiducia. Infatti un parere medico è fondamentale per trovare sintomi o influenze di altri disturbi attigui come l’anemia. Passando in seguito ad uno studio più accurato del problema si potrà essere sottoposti a risonanza magnetica o a radiografia per valutare l’effettiva presenza di calcificazioni tra le vertebre e la presenza di lesioni ai legamenti o ai tendini, in particolare grazie all’accurata analisi che può essere data dalla ecografia. Ma i segnali e i sintomi più affidabili sono sicuramente i dolori e i reumatismi corporei che si ripresentano nel tempo, primi testimoni della presenza di un’infiammazione da spondilite anchilosante.spondilite anchilosante foto2Vi sono vari tipologie di cura per la spondilite anchilosante, anche se nessuna è considerata come la più efficace o la più adatta.
Il primo rimedio a cui solitamente si ricorre è quello della fisioterapia, sotto stretta osservazione di un esperto o di una figura competente: la pratica più semplice ma forse la più risolutiva è proprio quella di svolgere alcuni esercizi mirati quotidianamente, magari dedicandovi pochi minuti per più volte al giorno. L’intero esercizio quotidiano deve essere però ben distribuito nell’arco della giornata e deve prevedere una fase preparatoria di stretching e una conclusiva, sempre comprensiva dello stretching di rilassamento. A questi esercizi quotidiani andrebbero inoltre aggiunte alcuni massaggi specifici della zona lombare della schiena, in modo da sciogliere la tensione e combattere l’accumulo di stress dovuto alla malattia. Altra via molto battuta oggigiorno dai medici e dai fisioterapisti è la terapia farmacologica, attraverso uno studio attento al particolare tipo di spondilite anchilosante che affligge il paziente interessato: è molto importante infatti distinguere tra i vari percorsi farmacologici da scegliere a seconda del tipo di disturbo vertebrale, e di conseguenza decidere quali farmaci somministrare. Ogni paziente e ogni individuo possiedono una propria risposta fisiologica a questi tipi di prodotti e perciò necessitano di un’analisi attenta prima del loro corretto utilizzo e di una riuscita terapia curativa.
Nei casi estremi, quando la spondilite anchilosante ha raggiunto uno stato acuto e (come ricordato sopra) a causa della sua natura sistemica ha coinvolto altri organi o semplicemente altre strutture ossee adiacenti, ecco che subentra la possibilità dell’intervento chirurgico, nella maggior parte dei casi con l’innesto di una protesi. Si tratta però di un’operazione molto delicata alla quale si ricorre nei casi molto gravi in quanto si entra in contatto con zone molto delicate, come il midollo osseo ad esempio.