Uno dei dibattiti più accesi nel mondo della medicina degli ultimi anni è senza dubbio quello riguardante le cellule staminali, le loro caratteristiche e le loro possibili funzionalità. Infatti queste cellule grazie alla loro estrema duttilità pare possano essere utilizzate in modo efficace per un numero rilevante di nuove terapie, persino per combattere e sconfiggere i tumori. La portata del dibattito è evidentemente molto elevata e gli esperti in materia assumono le posizioni più disparate, specie se entrano in gioco dei valori etici e morali riguardo la creazione artificiale di queste cellule staminali primitive. A complicare le cose subentrano anche le problematiche legate ad un campo di ricerca medicinale ancora inesplorato e che richiede tutte le precauzioni del caso, soprattutto quando si tratta della sua applicazione all’interno di terapie e cure molto delicate in cui si può influire in modo irreversibile su una vita umana, sia in positivo che in negativo.Proviamo a conoscere meglio le origini e la conformazione di queste cellule per poter comprendere meglio tutto la questione che le vede protagoniste.
Le cellule staminali sono delle cellule primitive, quindi non ancora specializzate in qualche funzione particolare: questo permette loro la possibilità di potersi trasformare in un gran numero di diversi tipi di cellule, grazie al procedimento della differenziazione cellulare, lo sviluppo cioè di una particolare cellula da una forma primitiva ad una matura, con precise funzioni all’interno del tessuto che si trova in uno stato di necessità. Altra caratteristica fondamentale e peculiare di queste cellule è loro capacità unica di autorinnovarsi, di affrontare quindi una serie illimitata di cicli rigenerativi, pur conservando le proprie caratteristiche specifiche ottenute dopo la fase di differenziazione. Tale autorinnovamento può avvenire in due modalità: o attraverso la riproduzione asimettrica obbligata, che prevede che una cellula staminale si divida tra una nuova staminale e una cellula pronta alla differenziazione immediata, oppure attraverso la cosiddetta differenziazione stocastica, che prevede invece una riproduzione equilibrata tra cellule staminali che producono solo altre cellule primitive e cellule staminali che producono invece solo cellule pronte a differenziarsi.Le cellule staminali solitamente si trovano nella “blastula umana”, ovvero l’embrione di origine animale che si trova nella fase intermedia tra le segmentazione e la gastrulazione, quella in cui si viene a creare un insieme di cellule dette blastomeri, che nel loro insieme costituiscono questo particolare stadio dello sviluppo cellulare. In buona parte dei casi la blastula viene prodotta artificialmente in laboratorio, oppure si possono prelevare le cellule staminali in modo diretto da diverse fonti come il midollo osseo, il sangue, il cordone ombelicale, la placenta, il sacco amniotico…Le potenzialità infinite delle cellule staminali non sono messe in discussione, ma è piuttosto un problema etico e morale che ne impedisce il pieno e libero sfruttamento nella medicina contemporanea. La questione verte attorno al problema della creazione artificiale delle blastule, che rappresentano un primo stadio di esistenza umana e sono le fonti principali per le cellule staminali di origine embrionale, topipotenti, quindi con la maggiore potenzialità di differenziazione. La scomposizione di una blastula va allora considerata come l’uccisione concreta di un futuro neonato oppure non va considerata tale in quanto la blastula in mancanza di un impianto nell’utero non potrà mai diventare feto? Il nodo sembra insolvibile poiché si basa su una premessa paradossale: eliminare una possibile vita umana per dare una possibilità di sopravvivenza ad un’altra.Altra questione delicata riguarda la somiglianza molto sottile tra le cellule staminali normali e le cellule staminali tumorali. Queste ultime infatti rappresentano il pericolo numero uno quando di parla di terapie a base di cellule staminali: le cellule tumorali infatti grazie al gran numero di differenziazioni che subiscono possono essere la causa principale delle nascita e della crescita di un tumore, in qualsiasi tessuto del nostro organismo. Tutte le caratteristiche positive e sorprendenti indicate fino ad ora per le cellule normali si ripropongono in negativo per le “cugine” cellule tumorali e di conseguenza in una terapia di questo genere rischiano di sortire un effetto distruttivo e devastante. Proprio come le staminali normali hanno una capacità di autorigenerazione molto importante e inoltre hanno un’esistenza di molto prolungata rispetto alle cellule normali. Sono difficilissime da neutralizzare in quanto risultano molto resistenti all’azione di qualsiasi genere di farmaco o di cura antitumorale. Da ciò è molto facile comprendere l’altro rischio che si può correre intraprendendo una terapia basata sull’azione delle cellule staminali.
La vera sfida attuale per la medicina rigenerativa sembra quindi essere quella di trovare un compromesso valido che funga da ago della bilancia per tutte le possibili complicazioni in gioco, sia dal punto di vista etico che da quello strettamente scientifico.
La speranza è quella di riuscire a sostituire qualsiasi tipo di tessuto in modo artificiale, ma senza la necessità di dover ricorrere alle cellule staminali embrionali. Al momento le staminali sono utilizzate soltanto all’interno di terapie oncologiche che riguardano il trapianto di midollo osseo, al fine di combattere alcune tipologie di tumori del sangue.