Se anche voi rientrate nella categoria di persone che ha visto la propria pelle riempirsi di chiazze rosse dopo aver bevuto un bicchiere di vino, magari al primo appuntamento, allora già sapete cosa sono i solfiti. Chiaramente non tutti reagiscono così: alcuni soggetti sono particolarmente sensibili.

Ci sono sostanze che, più di altre, se assunte con regolarità e in dosi abbastanza elevate possono procurare dei danni al nostro organismo. Fra queste ci sono i solfiti, di cui sentiamo parlare molto spesso. Ma cosa sono, dove si trovano, come si possono evitare e quali effetti collaterali possono provocare? In questo articolo cercheremo di rispondere a tutte queste domande, facendo un po’ di chiarezza su un argomento molto discusso.solfiti anidride solforosa effetti foto1I solfiti sono delle molecole che si formano quando il solfito (a sua volta composto da zolfo e ossigeno) si lega con altri atomi.  Alcuni esempi di questi elementi sono l’anidride solforosa SO2, il bisolfito di sodio NaHSO3 e il bisolfito di potassio KHSO3.  Solfiti e anidride solforosa sono dei conservanti. Questo significa che sono delle sostanze impiegate per rallentare il processo degenerativo degli alimenti. Il loro compito è di evitare l’ossidazione degli alimenti, la diffusione di muffe, lieviti e batteri. Un’altra funzione molto importante che svolgono è il mantenimento dell’aspetto degli alimenti; rallentano cioè l’imbrunimento e il deterioramento. In base alla concentrazione negli alimenti e nelle bevande possono avere proprietà batteriostatiche o battericide, cioè possono impedire la crescita dei batteri oppure provocarne la morte. Come vedremo in seguito, il loro uso principale e più antico risiede nel processo di vinificazione.Non sempre è facile riconoscere la presenza dei solfiti; ci sono alimenti e bevande che ne contengono in quantità maggiore rispetto ad altri. Ne racchiudono in abbondanza la frutta secca, glassata, disidratata e candita, le gelatine, i succhi di frutta, la birra, il sidro, l’aceto di vino e soprattutto il vino; i frutti di mare, i gamberi e i crostacei in generale, il baccalà, i funghi secchi, gli hot dog e gli hamburger a base di carne, l’uvetta e la verdura conservata.

Se si vuole individuare la presenza dei solfiti in ciò che si acquista e si mangia è molto importante imparare a leggere le etichette. Le etichette infatti contengono preziose informazioni, che però devono essere decifrate in maniera corretta. I principali solfiti che vengono utilizzati per preparare e per conservare gli alimenti sono indicati così:

E220 (Anidride solforosa)

E221 (Solfito di sodio)

E222 (Bisolfito di sodio)

E223 (Metabisolfito di sodio)

E224 (Metabisolfito di potassio)

E225 (Solfito di potassio)

E226 (Solfito di calcio)

E227 (Bisolfito di calcio)

E228 (Potassio solfito acido).solfiti anidride solforosa effetti foto2I solfiti vengono aggiunti al vino per stabilizzarlo e disinfettarlo. In qualche misura possono essere considerati come un sottoprodotto naturale del vino, perché anche se non sono presenti nell’uva possono essere prodotti da alcuni lieviti presenti nel mosto. Questa pratica non è molto apprezzata dagli studiosi di enologia, ma è accettata perché ad oggi non si conosce una procedura più efficace o più salutare. È certo, invece, che il loro utilizzo svolga fondamentali azioni conservanti, antisettiche e antiossidanti; tutte cose di primaria importanza per ottenere un vino stabile e di qualità. In Italia il limite di aggiunta è 150 mg/l per i vini rossi, 200 mg/l per i vini bianchi, 250 mg/l per i vini dolci, mentre per i vini passiti e muffati si arriva a 400 mg/l.

La dicitura in etichetta “non contiene solfiti” è consentita solamente se, in totale, la concentrazione di questi ultimi è inferiore ai 10 mg/l.

Vi siete mai chiesti a cosa serve far roteare il calice prima di bere? Questa semplice operazione favorisce l’ossigenazione del vino, e riesce a far evaporare circa il 30% dell’anidride solforosa che contiene.Nello specifico, quali possono essere le reazioni del nostro corpo se si eccede con l’assunzione di queste sostanze? Nonostante i solfiti rientrino nella categoria degli allergeni alimentari più diffusi, la maggior parte delle persone vi reagisce con un’intolleranza. Sono rari i casi di allergia cutanea che coinvolgono il sistema immunitario, e le reazioni gravi sono abbastanza infrequenti.

Inoltre è bene ricordare che l’industria alimentare generalmente utilizza delle dosi di solfiti basse; ad esempio l’anidride solforosa che si lega agli alimenti può essere paragonata ad un composto naturale. Anche il nostro corpo produce qualcosa di simile mentre metabolizza alcuni amminoacidi, e lo rende inoffensivo grazie ai sistemi di detossificazione endogeni.

Ciò non toglie che molti soggetti siano sensibili agli effetti di queste sostanze. È per questa ragione che da qualche anno i produttori alimentari sono obbligati per legge ad indicare in etichetta la loro presenza. Esiste anche una soglia di concentrazione che è vietato oltrepassare: 10 mg/L oppure  10 mg/kg. Questo limite si ottiene con la somma dei solfiti naturalmente presenti nell’alimento e di quelli aggiunti per aiutare la sua conservazione. Gli effetti collaterali possono creare disturbi non trascurabili ai soggetti che ne sono sensibili. Queste sostanze sono infatti battericide e quindi altamente irritanti. Fra i gruppi di persone più a rischio rientrano gli asmatici. Quando delle sostanze di questo tipo entrano in contatto con l’acidità gastrica generano anidride solforosa; quest’ultima è uno dei gas che provoca, agli asmatici, attacchi di broncospasmo. A rischio sono anche le persone che soffrono di allergia all’aspirina.

Le persone colpite oscillano fra lo 0,05 e l’1% della popolazione; nel caso degli individui asmatici si raggiunge un rischio del 5%.

Visto che non si può parlare di allergia, ci si riferisce a questo contesto usando il termine “sensibilità”. Si tratta, cioè, di un’intolleranza che provoca sintomi pseudo allergici.

Nel caso in cui siano contenuti nel vino, uno dei principali effetti collaterali è il mal di testa; è però lecito supporre che a un’emicrania di questo tipo contribuisca in larga misura anche l’assunzione di alcol.

Oltre alle crisi asmatiche e all’emicrania si può incorrere in nausea, vomito, iper sudorazione, vampate di calore, ipotensione e orticaria.

La reazione del nostro corpo è repentina: fra i quindici e i trenta minuti dopo l’assunzione i sintomi si manifestano.