La plicometria è un semplice ma piuttosto fedele metodo per calcolare e misurare il grasso corporeo presente nel nostro strato sottocutaneo. La sua denominazione deriva proprio dalla funzione che svolge, infatti il termine “plicometria” significa “misurazione delle pliche”, in questo caso specifico si parla delle pliche cutanee. Le pliche cutanee non sono altro che quei ripiegamenti o sollevamenti che tutti noi abbiamo appena sotto lo strato esterno della nostra pelle. Queste pliche si costituiscono quando un nostro tessuto subisce un ispessimento e va ad accumulare del grasso in eccesso proprio in questa fascia interna. La misurazione di questo strato sottocutaneo tramite plicometria è piuttosto facile e sicuramente mento dispendiosa rispetto ad altre tecniche e metodiche che puntano alla stessa funzione. Basta infatti conoscere le specifiche zone del nostro corpo dove effettuare la misurazione e utilizzare il plicometro, lo strumento per eccellenza di questa pratica. Ovviamente è necessaria la presenza di un esperto che possa svolgere al meglio tutto il processo e che possa assicurarci una misurazione fedele.
Nonostante la precisione pressoché massima del plicometro e della pratica della plicometria, è impossibile garantire una certezza assoluta nel rilevamento. Il miglior risultato, però, lo si può ottenere sottoponendo l’analisi delle pliche ad accorgimenti precisi quali:
- effettuare il controllo delle pliche sottocutanee preferibilmente sul parte sinistra del corpo; questo per pura scelta convenzionale che però, in conseguenza della sua diffusione, è diventata ormai la prassi ufficiale;
- meglio ancora se le circostanze permette un’analisi di entrambi i lati del corpo, in modo da avvicinarsi il più possibile ad una misurazione affidabile;
- segnare sempre il punto di misurazione con un pennarello o un lapis;
- quando si dispone il plicometro è bene seguire le curvature del corpo e le sue pieghe in modo da garantire una certa sicurezza nella misurazione della distribuzione del grasso sottocutaneo (ad es. seguire l’inclinazione del pettorale);
- la lettura deve avvenire in un tempo ristretto, entro pochi secondi, onde evitare di compromettere il risultato;
- meglio se si effettuano più misurazioni dello stesso punto, in modo da ridurre al minimo un eventuale margine di errore, facendo poi la media tra i vari valori rilevati; tra una misurazione e l’altra è bene attendere alcuni minuti in modo da permettere alla cute di ridisporre i tessuti come se non vi fosse stata una alterazioni di poco precedente;
Esistono vari generi di misurazione nella branca della plicometria, i quali prendono il nome dagli inventori e dagli scienziati che le hanno messe a punto e delle pliche sottocutanee che vanno ad analizzare:
- la metodica più conosciuta nella plicometria è senza dubbio quella di Jackson-Pollock; questa si distingue in due sottocategorie: la prima prevede una metodica di 7 punti di rilevamento che sono il punto addominale, l’ascellare, la coscia, il pettorale, il sottoscapolare, la sovrailiaca e il tricipitale; la seconda invece si basa su 3 semplici misurazioni in soli 3 punti di rilevamento, che sono l’addominale, il pettorale e la coscia anteriore per il sesso maschile, il tricipitale, la sovrailica e la coscia anteriore pinvece per il sesso femminile; questo secondo metodo di Jackson-Pollock viene utilizzata principalemtne nel campo sportivo, mentre la prima viene utilizzata con più frequenza per un individuo medio;
- il secondo metodo per importanza è quello di Durnin-Womersley, il quale prevede lo studio di 4 punti di rilevamento, ovvero il tricipitale, il sottoscapolare, il bicipitale e la sovrailiaca;
- terzo e ultimo metodo conosciuto è quello di Katch-McArdle, che utilizza due soli punti di rilevamento, che sono il sottoscapolare e il tricipitale;