La cistifellea altro non è che un organo di dimensioni ridotte che da il suo contributo durante il processo della digestione, dove entra in gioco dando un notevole aiuto al fegato nella sintesi di quella sostanza prodotta dal fegato che chiamiamo bile. La cistifellea può essere anche definita con il termine “colecisti” e rappresenta una delle parti interne del nostro corpo tra le più ignorate e sicuramente meno prese in considerazione. Bisogna ammettere però a nostra discolpa che ciò è dovuto alla sua funzione, catalogata come non di certo fondamentale o necessaria per il nostro organismo. Questo spiega facilmente come mai molti di noi non sono a conoscenza della sua posizione e del suo compito, tanto meno di come sia fatta e da che parti sia costituita nello specifico. Ma non per questo si deve sorvolare su questo piccolo organo che partecipa comunque un ingranaggio della catena di montaggio del nostro corpo, anche se di secondaria importanza.
La sua posizione è senza dubbio strategica per il corretto svolgimento della sua funzione, da sottolineare come sempre quando si parla della perfetta composizione e organizzazione naturale di quella macchina perfetta che rappresenta il nostro corpo in tutte le sue attività. Nel dettaglio troviamo la cistifellea posizionata in una zona convessa della parte inferiore del fegato, incavata in una sorta di depressione, una piccola nicchia su misura denominata fossetta cistica. Per meglio definirne le parti la possiamo suddividere in tre componenti: la prima che si definisce sul piano orizzontale, dalla parete sinistra a quella destra, e viene chiamata sezione di “fondo”; la seconda si compone sul piano verticale, dalla sezione superiore e quelle inferiore, e viene definita “corpo”; la terza invece si dilunga dalla sezione posteriore a quella anteriore, e viene chiamata “collo” nel gergo medico. Queste tre componenti si distinguono, e ci aiutano a dividere meglio le parti della cistifellea, anche grazie alla loro conformazione, in quanto la prima si estende ed è di forma dilatata, la seconda è di composizione più voluminosa rispetto alle altre, e la terza è evidentemente più sottile e fina. L’ultima porzione si prolunga fino a raggiungere la sezione d’apertura dell’intestino tenue, più nota con il nome di duodeno.
Vista la sua dubbia indispensabilità l’essere umano (a livello teorico almeno) può ben sostenere un’asportazione chirurgica di questo particolare organo, operazione chiamata colecistectomia. Ma in alcuni casi si possono manifestare delle complicazioni che possono portare alla sindrome post-colecistectomia: i sintomi per riconoscere questa possibile degenerazione riguardano nausea, disturbi durante il processo di digestione, aerofagia, dissenteria, dolori nella zona addominale. Nelle peggiore ipotesi tali sintomi possono essere rivelatori di una sindrome cronica e possono comportare una deficienza digestiva permanente. Se si parte dal presupposto che questa sindrome è originata dall’asportazione di un organo la cui funzione è di opinabile utilità, si comprende facilmente come l’operazione chirurgica sia sempre e comunque molto delicata e di come è sia meglio prevenire anche i rischi minori, perché si si trascurano in modo esagerato possono trasformarsi in patologie serie che possono recare permanenti per il nostro organismo.
CISTIFELLEA
