La disgrafia è un disturbo specifico che riguarda la scrittura, o meglio l’incapacità o la difficoltà nello scrivere o nel comporre un qualsiasi segno grafico, alfabetico e numerico. Nella maggior parte dei casi la sua origine è riconducibile al più ampio concetto della disprassia, termine derivante dal greco che indica letteralmente “difficoltà nel fare”, e si riferisce a difficoltà generali nell’espressione linguistica e persino nella coordinazione dei movimenti atti a svolgere una certa attività di senso compiuto.
Nel caso particolare della disgrafia quindi non si tratterebbe altro che di un sottogruppo di una patologia che coinvolge la coordinazione motoria in senso lato, che può svariare dall’incapacità ad imparare gesti semplici come l’allacciarsi le scarpe fino a non riuscire a scrivere, appunto. I primi segnali rivelatori della disgrafia si possono riconoscere fin dalla tenera età, nei primi casi in cui il bambino si trova a dover sviluppare le sue capacità.I sintomi base di questo disturbi sembrerebbero facilmente intuibili e facili da riconoscere, ma non è così. Infatti molto spesso si può confondere un semplice ritardo rispetto alle consuete tempistiche nell’apprendimento con la disgrafia vera e propria, o viceversa. Specie durante un età così ricca di nuovi stimoli non è semplice capire se vi siano banali incomprensioni dovute a scarsa attenzione o eccessiva vivacità, oppure ancora facilità nel distrarsi e perdere la concentrazione verso ciò che l’insegnante prova a spiegare. Per questo è molto importante cercare di comprendere da subito l’eventuale presenza di diffcoltà legate alla disgrafia o meno. I prinicpali campanelli d’allarme possono essere:
- incapacità o difficoltà nel compiere gesti semplici e banali come impugnare la matita o segnare un semplice tratto sul foglio;
- eccessiva timidezza o repulsione totale all’apprendimento del gesto della scrittura e a tutte le attività motorie ad essa legate;
- difficoltà a livello muscolare nelle dita che sfocia in una pressione troppo debole per segnare un tratto nel foglio, o al contrario eccessiva tanto da forarlo o strapparlo;
- incapacità di collegare in modo sensato un segno grafico ad uno successivo o precedente, spesso con sovrapposizioni tra un segno grafico e l’altro;
- mancanza di fluidità e leggerezza nella scrittura, anche dei più semplici segni grafici che si imparano nel primo apprendimento;
- in modo specifico per l’alfabeto e la scrittura si manifesta l’incongruenza tra la lettera che si vuole rappresentare e il segno grafico effettivamente rappresentato (lettere troppo grandi o troppo piccole, oppure sformate in vari modi)
- difficoltà nel mantenere una linea retta entro le normali righe o quadretti per la scrittura;
- inversione del consueto senso di scrittura da sinistra verso destra;
- ulteriori problemi subentrano sotto dettatura, quando lo sforzo dell’ascolto e della riproposizione del segno grafico sembra diventare un ostacolo insormontabile;
Riallacciandoci al precedente discorso riguardo il concetto più ampio di disprassia possiamo segnalare un effettiva possibilità di comparsa, assieme a questi sintomi, anche di nuove difficoltà riguardanti anche altre attività motorie di base come impugnare le posate durante i pasti ed utilizzarle in modo corretto, allacciarsi le scarpe, riconoscere l’ora nell’orologio analogico, accavallare le gambe, infilare un indumento, ecc…La disgrafia rientra nella famiglia dei diffusissimi disturbi dell’apprendimento come la dislessia (difficoltà nella lettura o nella comprensione di un testo scritto nonostante si riconoscano e si comprendano le singole parole), o la discalculia (l’incapacità di svolgere calcoli matematici semplici) i quali si manifestano in media durante i primi anni di scuola elementare, quando il bambino dovrebbe cominciare ad apprendere la lettura e la scrittura.La disgrafia si distingue in vari sottogeneri, classificabili a seconda delle difficoltà motorie specifiche della scrittura che il disturbo va a colpire. Le varie tipologie di disgrafia sono:
- la disgrafia lenta: caratterizzata da una scrittura troppo lenta e sinonimo spesso di timidezza e insicurezza;
- la disgrafia d’impulso: l’esatto opposto è rappresentato da chi soffre di disgrafia di tipo impulsivo e che scrive con troppa fretta e in modo del tutto disordinato;
- la disgrafia di tipo rigido: caratterizzata invece da una postura bloccata della mano e dell’impugnatura della penna o matita, tanto da rendere impossibile una fluidità di scrittura o comunque dei miglioramenti in tal senso;
- la disgrafia disordinata: tipologia che spesso coinvolge anche altri disturbi adiacenti e che vede un continuo variare dei caratteri e delle dimensione delle lettere e dei segni grafici;
Queste varie differenziazioni si possono raggruppare all’interno di due grandi insiemi: coloro che soffrono di disgrafia a livello di distribuzione dello spazio e coloro che soffrono di una disgrafia che va a intaccare l’impugnatura e la corretta postura durante la scrittura, disturbando il soggetto soprattutto sul piano fisico piuttosto che mentale.Purtroppo non si conoscono ancora con precisione le cause effettive che possono portare a soffrire di questo genere di disturbi come la disprassia, e di disgrafia in particolare. La lettura più convincente riguardo l’eziologia del disturbo è quella che inquadra il fulcro di tutto il disturbo nel cervello del soggetto, dove pare ci sia un impasse sul piano dell’immagazzinamento delle informazioni ricevute e della loro ridistribuzione al momento opportuno. Spesso e volentieri il disturbo si trasferisce anche geneticamente di generazione in generazione.Per cercare di contrastare la disgrafia è importante l’intervento di uno psicologo, che si occupi del bambino che ne soffre fin dalla tenera età o comunque dai primi sintomi riconoscibili con certezza; infatti se l’origine è effettivamente nella psiche del paziente è bene che se ne occupi un esperto del campo psicologico e non un medico o pediatra qualunque.
La terapia normalmente prevede alcuni semplici esercizi per cercare di attivare le connessioni cervello-corpo nel modo adeguato, affinchè lavorino con processoi ordinari e spontanei.
Ovviamente il tutto deve essere proporzionato all’età del giovane paziente: è bene fin da subito trovare un equilibrio, informando il bambino dell’effettivo problema che lo affligge ma allo stesso tempo fargli capire che la soluzione è a portata di mano con un pò d’impegno e di buona volontà.
Il modo migliore è proporgli tutto come un gioco, con delle regole da rispettare ma che alla fine lo porterà alla vittoria e alla serenità.