Si dice che non si possa vivere di solo amore. C’è chi invece va ben oltre, e arriva ad affermare che si possa vivere solo di aria. Niente cibo, niente acqua. Incredibile, assurdo? Eppure è quello che sostengono i respiriani, contro ogni logica e ogni nozione appresa a scuola. Secondo loro il fatto di non riuscire a comprendere una possibilità come questa – ovvero che cibo e acqua non sarebbero strettamente necessari alla sopravvivenza umana – sarebbe sintomo di una mente poco aperta. E sarebbe proprio la mentalità ristretta ad impedire agli uomini di accettare una realtà così diversa dal loro modo di vivere, che stravolgerebbe del tutto le loro abitudini.respiriani energia nutrimento foto2Chi si dichiara respiriano pratica l’alimentazione pranica: si nutre, cioè, di prana. Il prana è l’energia vitale di cui parla l’induismo, ma non ci si ferma qui. I respiriani infatti hanno una visione molto ampia riguardo alle energie che nutrono il cosmo, compresa quella del sole. Prana è una parola che deriva dal sanscrito e può essere tradotta come “spirito”, “vita”. Il cosmo dispone di una riserva immensa di energia, che può essere utilizzata come nutrimento. La filosofia che sta alla base di questo stile di vita è essenzialmente la seguente: l’uomo è naturalmente predisposto a nutrirsi di energia, senza bisogno di ricorrere ad acqua o cibo. Ovviamente le perplessità da parte di chiunque senta affermazioni del genere sono moltissime, per non parlare delle obiezioni sollevate dalla comunità scientifica. Il fatto che se si rinuncia a bere e a mangiare si va per forza di cose incontro alla morte è un concetto su cui tutti sono d’accordo: altrimenti, perché mai le persone morirebbero di fame se potessero sopravvivere senza nutrimento? Proprio qui sta la questione centrale, perché in realtà il nutrimento c’è, solo che non avviene in modo tradizionale ma attraverso l’energia vitale. Nicolas Pilartz è uno dei respiriani che accetta volentieri di rilasciare interviste e di spiegare a chi non la conosce questa corrente di pensiero. Il filosofo Feuerbach sosteneva che l’uomo è ciò che mangia; quindi se l’alimentazione odierna prevede cibi poco sani, pieni di conservanti e di coloranti, si può facilmente intuire quali effetti questo possa avere sulla salute delle persone. Il cibo è la principale fonte di malattie, perché riempie il corpo di tossine e sostanze dannose. Ma può essere anche un’ottima risorsa per guarire. Modificare via via l’alimentazione, riducendo l’apporto di cibi dannosi per l’organismo, è un’ottima via per purificare il proprio corpo. Il passo successivo, più estremo, è quello di eliminare definitivamente il cibo. I respiriani sostengono che nutrirsi di energia sia non solo possibile, ma anche la migliore delle opzioni a disposizione. Il corpo umano sarebbe in realtà predisposto a sostentarsi dell’energia nella quale siamo immersi. Il fatto che il cibo sia uno dei pilastri che fondano la nostra società, in quanto i pasti sono notoriamente un momento di unione e condivisione, sarebbe solamente una convenzione sociale. I momenti di unione si possono creare ugualmente, solo non utilizzando il cibo come perno. Se tutti gli esseri umani fossero in grado di praticare il respirianesimo, questo significherebbe la fine dei conflitti per la materia prima, della fame nel mondo e del lavoro come necessità per sopravvivere.Diventare respiriani non è un cambiamento che si attua velocemente: è necessario preparare adeguatamente il corpo e lo spirito. Il bretharianismo, termine che prende spunto dal verbo inglese “to breathe” ossia respirare, è un processo graduale. Innanzitutto è opportuno distinguere i respiriani da chi pratica il digiuno. Il digiuno, anche se può aiutare per purificare il corpo, non è sostenibile sul lungo periodo. Digiunare troppo è deleterio per l’organismo e attinge alle risorse del corpo, fino a che non si presentano i primi segni di denutrizione e di inedia, stato che precede la morte. I respiriani invece non attuano nessuna rinuncia: si tratta semplicemente di prendere coscienza del fatto che gli uomini sono immersi nell’energia vitale e posso trarne sostentamento, allo stesso modo dei pesci che vivono circondati dall’acqua. Nicolas Pilartz, che come spiegato in precedenza è uno dei più noti rappresentanti dei respiriani, ha spiegato che ci sono tre vie per avvicinarsi a questa pratica. In primo luogo, può accadere che il proprio corpo sia già pronto per fare a meno del cibo e che rifiuti di nutrirsi in maniera tradizionale. In questo caso, è proprio eliminando il cibo che la persona inizia a stare meglio. La seconda via è meno spontanea e più graduale, può durare anche degli anni interi. Si diminuisce via via la quantità di cibo e si sviluppa la consapevolezza e l’apertura mentale necessaria per nutrirsi di energia e di luce. La terza via è imparare a mangiare col naso. È un percorso che prevede la rieducazione delle cellule, che dopo un certo periodo non si aspettano più che il cibo arrivi a loro ma lo vanno a cercare all’esterno, dall’energia che circonda il corpo. Chi abbraccia questo stile di vita può anche non fare una scelta drastica, ma continuare a mangiare o a bere ogni tanto. La questione cruciale però è che si mangia perché si ha voglia di mangiare e non perché sia strettamente necessario alla sopravvivenza. È una scelta di vita alla quale non tutti sono portati, che richiede un percorso ben specifico e un supporto anche emotivo. Deve essere, però, un percorso di gioia e non di privazione.respiriani energia nutrimento foto2Ad oggi non esistono prove concrete che sia possibile sopravvivere senza cibo né acqua. La comunità scientifica critica fortemente i respiriani, e afferma che chiunque voglia vivere non puo’ mantenere uno stile di vita simile. Ellen Greve, respiriana invitata nel 1999 ad una dimostrazione televisiva in diretta della sua pratica, iniziò a manifestare già dal secondo giorno i sintomi della disidratazione. Non mancano uomini e donne che dichiarano di vivere da anni senza cibo, magari solo con un po’ di acqua, ma non ci sono prove inconfutabili che lo possano dimostrare. I medici continuano ad evidenziare l’impossibilità biologica del corpo umano a sopravvivere senza alcun nutrimento.