Come molte piante che crescono spontaneamente, anche il tamaro ha diverse proprietà benefiche e curative che meritano il nostro interesse. È necessario però conoscere a fondo le sue caratteristiche, perché se usato in maniera non opportuna – magari mangiando delle parti tossiche per il nostro corpo – gli effetti possono essere spiacevoli e pericolosi. Se invece si ha consapevolezza delle sue potenzialità, allora si può trarre il massimo beneficio da questa pianta che cresce in maniera del tutto spontanea. Questo interessante rampicante selvatico è ricco di sorprendenti potenzialità e può essere usato a beneficio della salute. Se trattato nel modo giusto, infatti, ha delle proprietà curative molto utili. Contiene però anche alcune parti tossiche: è quindi fondamentale procedere con cautela e usare questa erbacea nel migliore dei modi.Della famiglia delle Dioscoreaceae, il tamus communis è una pianta erbacea che viene comunemente chiamata tamaro. Cresce e si diffonde in Asia occidentale, in Europa centro-orientale e in Nord Africa. Il suo habitat preferito dove prosperare sono i margini dei boschi. In Italia cresce soprattutto nel sottobosco, ma anche nelle radure, partendo dal livello del mare per arrivare fino agli ottocento metri d’altitudine. Sull’Etna, poi, si può trovare fino ai 1400 metri d’altitudine. Il tamaro è una pianta spontanea, classificata anche come pianta officinale, ed è rampicante. La velocità della sua crescita è davvero sorprendente: a sole tre ore dalla germinazione, i primi germogli iniziano già a spuntare. Rispetto alle altre piante la sua crescita è veramente più rapida, il che non è sempre un bene per chi ha le radici nelle sue vicinanze. Basti pensare alle fragoline di bosco, che spesso non riescono a ricevere sufficiente luce solare perché sono coperte proprio dal tamaro. Spesso, inoltre, si attorciglia attorno ad altre piante legnose. Questa pianta bulbosa e rampicante è dotata di una radice carnosa e tuberosa. All’esterno è nera e il suo fusto può essere alto dai tre ai cinque metri. Le foglie sono cuoriformi e le bacche, che diventano rosse quando sono mature, sono rotondeggianti e succose. Hanno la grandezza di un pisello, e crescono a grappoli. Tra aprile e maggio compaiono i fiori, di colore giallastro.
Curiosità: la miscela delle spezie di tamaro, finocchio, coriandolo, anice stellato, anice e cannella viene usata per aromatizzare i piatti a base di carne di maiale. È anche possibile trovarla nei terrazzi e nei giardini, usata semplicemente come pianta ornamentale.I principali componenti del tamaro sono la saponine, il tannino e gli ossalati di calcio e potassio. Usato come farmaco ha funzione emolitica, diuretica e vulneraria.
La tamus communis può essere applicata sia all’esterno del corpo, come crema o impacco, che all’interno, ossia assunta per via orale. Analizziamo ad esempio la radice, scura e carnosa. Veniva usata, in passato, come purgante (molto potente), ma anche come antireumatico e anti gottoso. Ridotta in polvere, poi, veniva utilizzata per allontanare i pidocchi dal cuoio capelluto. Negli anni più recenti il tamaro viene utilizzato solo per uso esterno, anche contro i dolori articolari. La cultura popolare francese ha denominato questa pianta “herbe aux femmes battues”, erba delle donne picchiate. È chiaro il riferimento alle proprietà per placare le ecchimosi, le contusioni e i lividi. Questa capacità così utile è merito della saponine contenuta dalla pianta, che è ottima per curare le ferite. Inoltre, fra le principali sostanze che contiene ci sono anche l’istamina e l’ossalato di potassio, che grazie alla loro funzione di stimolare la circolazione periferica fanno sì che la guarigione acceleri. Questa capacità, in Italia, è valsa alla tamus communis l’appellativo di Sigillo della Madonna. Ci si riferiva al liquido che si otteneva spremendo le radici, e che veniva utilizzato appunto per sigillare le ferite. Particolarmente diffuso era un unguento che si otteneva grattugiando la radice ed unendola con quantità uguale di strutto, per poi applicarla esternamente sopra la parte interessata.
In linea di massima, quando lo si adopera esternamente si curano soprattutto contusioni, edemi, gonorrea. Quando lo si impiega internamente, invece, ci si occupa di costipazioni, prostatite, cistopielite. Le radici hanno prodigiose proprietà diuretiche, digestive e purgative, ma come vedremo in seguito bisogna moderare le dosi perché sono altamente tossiche per l’organismo, oltre che ad essere usate per la preparazione di una droga.
Un tempo gli agricoltori avevano l’abitudine di somministrare questa pianta alle mucche, pensando che aumentasse la loro fertilità. Nonostante la pericolosità delle bacche, i principi attivi di questo rampicante sono stati utilizzati per anni per curare i reumatismi e le infiammazioni.
L’estratto di questa erbacea, amalgamato col miele, può essere efficace per curare l’asma e altri problemi respiratori.Le bacche del tamaro sono altamente tossiche: possono risultare addirittura letali, specie se assunte dai bambini. Anche se la struttura della pianta è stata impiegata per contrastare i reumatismi, le infiammazioni e varie altre patologie, le sue bacche restano comunque velenose. In tutti i casi è buona norma evitare l’assunzione delle bacche spontanee che non conosciamo, perché non si sa mai di preciso a quali effetti collaterali possiamo andare incontro. Queste bacche sono un ottimo esempio di pericolosità, essendo altamente tossiche. Abbiamo visto che l’estratto di tamaro è utile per combattere vari disturbi, ma è opportuno farsi seguire da un medico sia nei suoi numerosi usi che nella preparazione. Questo estratto infatti, se applicato direttamente sulla pelle nuda, può essere estremamente pericoloso. Perché sia utile va diluito, altrimenti si va incontro a gonfiori, lividi e gravi irritazioni cutanee. Un tempo, con la radice di questa pianta si ricavava un potente diuretico che veniva somministrato per combattere i calcoli renali. Oggi però il suo uso è sconsigliato proprio per la sua altissima efficacia, e il risultato troppo potente espone al rischio di indesiderati effetti collaterali. Resta il fatto che, se assunta in piccole dosi, la radice ha proprietà diuretiche, digestive e purgative molto spiccate. In linea di massima, dei principi tossici sono presenti sia nelle bacche che nelle radici. Se ne viene ingerita una grande quantità, l’avvelenamento si manifesta con vomito, coliche e addirittura la morte. Ecco perché è necessario procedere con la massima cautela.